Amalfi festeggia il patrono Andrea, il “Santo che corre”, ecco perhè . Oggi è festa nel capoluogo della Costiera amalfitana , il programma preve de la Celebrazione SS. Messa alle ore: 6.30 – 8.00 – 9.30- – 12.00 – 18.00. Ore 9.00: giro per le vie della Città del concerto bandistico “Città di Minori” Ore 12.00: Suono festoso di tutte le campane di Amalfi Ore 18.30: giro per le vie della Città del concerto bandistico “Città di Minori” Ore 19.30 Santa Messa Pontificale celebrata da Mons. Arcivescovo e processione con la Statua di S.Andrea nell’atrio della Cattedrale
Il Santo che corre è ormai una leggenda a parlarcene i colleghi di Amalfinotizie, Mario Amodio prima firma del Mattino di Napoli, primo quotidiano della Campania, nelle pagine di Salerno , ne conosce tutti i particolari.
Un’attrazione per chi vive dall’esterno quei venti secondi scarsi impiegati per spingere il busto argenteo di Sant’Andrea lungo la monumentale scalinata del duomo di Amalfi. Ma chi corre con il santo addosso lo fa per fede, prima ancora che per tradizione. Un’evento unico eppure tanto osteggiato perchè affiliato a quel paganesimo con cui la Chiesa ha iniziato a convivere. Non senza però tormenti. Ma come nasce questa tradizione della corsa che si ripete due volte l’anno? Esattamente il 27 giugno in occasione della festa estiva in ricordo del miracolo che il Santo compì allontanando i pirati dal mare che bagna Amalfi, e il 30 novembre in occasione della festa patronale.
Secondo una ricostruzione storica effettuata da Antonio Amatruda la corsa è nata tra il 1945 ed il 1948. «L’episodio è narrato nei diari del sacerdote atranese don Gabriele Vissicchio (1898 – 1969), diversi quaderni intitolati “Memoranda” donati dagli eredi alla Parrocchia di S. Andrea Apostolo, una straordinaria testimonianza della vita religiosa e civile di Amalfi ed Atrani dagli anni venti agli anni sessanta del Novecento» racconta l’avvocato amalfitano che ha ricostruito le origini di questa tradizione. In questi quaderni, l’episodio viene raccontato il 27 giugno 1946. Tutto nacque con la disposizione di non far attraversare la spiaggia alla statua in processione «per i crescenti scandali e immodestie che si commettono sulla spiaggia di Amalfi, dove sono installati i camerini da bagno, da più mesi era stato ordinato e pubblicato che la processione del Patrono non si sarebbe fatta attraversare per la marina vicino ai camerini».
E accadde che questa decisione finì per scatenare i malumori della gente e in particolare dei pescatori che non si presentarono in cattedrale per portare in processione la statua del loro Patrono. La processione si tenne lo stesso garantita da altri portatori che avevano il compito di seguire il percorso che dal Duomo andava a Largo Spirito Santo e da qui al Tondo Volpe. Poi il rientro in cattedrale senza passare per la spiaggia. Stando al racconto del prelato all’altezza della scala che conduce alla marina si udirono grida con le quali alcuni chiedevano di deviare la statua verso la spiaggia. Ciò avvenne «forzatamente». Una disobbedienza che tra applausi e schiamazzi e che spinse l’arcivescovo dell’epoca Moscato a a ritirarsi in cattedrale insieme con il clero lasciando che la processione proseguisse da sola «seguendo l’itinerario solito sino allo spiazzale del porto». «Ritornata la processione in piazza, la statua è stata salita in fretta sino all’atrio, dove l’hanno poggiata a terra – scriveva don Gabriele Vissicchio nel documento ritrovato da Amatruda – Hanno quindi chiesto con schiamazzi e grida il suono delle campane (che era stato vietato) e la benedizione eucaristica, che è stata permessa da S.E. R.ma e fatta dall’Arcidiacono Afeltra».
A confermare questa cronaca, secondo le ricerche dell’avvocato amalfitano, anche alcune testimonianze come quella di un sacrista della Cattedrale che all’epoca dei fatti era poco più che ventenne. L’anno successivo monsignor Moscato ripropose non solo lo stesso divieto e cioè quello di evitare l’attraversamento alla statua della spiaggia grande ma informò anche il prefetto per l’invio della forza pubblica. Un provvedimento questo che fu però ammorbidito da monsignori Angelo Rossini, nominato nel marzo del 1947, che, consigliato dal Capitolo, decise di concedere il passaggio della processione sulla marina ma a condizione che gli stabilimenti chiudessero tre o quattro giorni prima della festa.
Il ricorso alla forza pubblica che Rossini decise di abbandonare, avvenne invece nei primi anni del 2000 quando il Capitolo amalfitano, sulla scorta delle prescrizione dei tecnici della soprintendenza che di lì a qualche mese operarono il restauro della statua, impose il divieto della corsa lungo la scalea del Duomo. Quel 30 novembre 2003 prevalsero le ragioni della fede e della tradizioni. Insomma le ragioni di un popolo legato com’è ai sui riti e ai suoi miti. Per evitare la corsa si fece appello al buon senso che, invece, prevalse soltanto in pochi. Il resto, in barba a qualsiasi supplica, decise di agire d’istinto, disattendendo così le volontà non solo ecclesiastiche, ma anche di una parte di fedeli contrari alla corsa per salvaguardare un bene di valore storico. E l’effetto rischiò di essere devastante, innanzitutto per la tensione che contribuì a scaldare gli animi. Qualcuno cercò addirittura di impedire la corsa schierandosi al fianco dei prelati, mentre l’arcivescovo Orazio Soricelli rallentò il più possibile il suo incedere lungo la scalinata. La corsa andava fatta a costo di scalzare quanti si sarebbero opposti. Incoraggiati dall’applauso della folla (la tradizione cosiddetta “pagana” della corsa attira ogni anno centinaia di persone che l’inquadrano nell’ottica non solo del folclore ma della fede), prima temporeggiarono aspettando che la scalea fosse relativamente sgombera e poi, all’improvviso, partirono, rischiando di travolgere il sindaco e il comandante dei carabinieri dell’epoca. «E’ il popolo che vuole la corsa, nessuno può impedirla», andarono poi urlando nelle navate della cattedrale alcuni portatori.
L’anno dopo avvenne però il contrario. Ma non perchè i portatori vestiti di rosso accettarono i dettami della Chiesa amalfitana che chiedeva di annullare un rito ultra sessantennale per preservare il busto argenteo di Sant’Andrea. In quell’occasione (30 novembre 2004) la città, dove sono custoditi i resti mortali dell’apostolo, decise di annullare la tradizionale corsa per onorare il lutto generato dalla tragica morte di un giovane amalfitano trovato cadavere qualche giorno prima. E così nel giorno della festa patronale, che rischiò di generare una nuova spirale di polemiche, improvvisamente prevalse il buon senso. I venti e più portatori vestiti di rosso avrebbero corso con Sant’Andrea sul groppone, nonostante l’imponete schieramento di forze dell’ordine (almeno una ventina di carabinieri) se non vi fosse stata quella nobile motivazione. La decisione, annunciata ai piedi della gradinata, fu immediatamente accolta dagli applausi della folla. In Oltre sessant’anni di storia fu la prima volta che la statua di Sant’Andrea rientrò in cattedrale senza correre.
Source: Positanonews
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