Francesca Faratro da Gino Sorbillo una foto virale che ci piace rappresentare come il bello, buono e giusto, alla Carlin Pedrin, fondatore della Slow Food. Bella, intelligente e brava Francesca Faratro da Amalfi, idem Gino Sorbillo, il principe della pizza di casa a Positano. Francesca a lavoro per il suo prossimo servizio, mentre Gino da Napoli sbarca a Torino, dalla Campania al Piemonte .
Gino Sorbillo erede di una delle storiche famiglie che in via dei Tribunali a Napoli, dal 1935, sfornava pizze fritte, a libretto e le più classiche napoletane, Gino Sorbillo, nonostante il successo, è rimasto un uomo che ha fatto della semplicità e delle sue radici i cardini della propria identità. Sorbillo oggi possiede pizzerie a Napoli, Genova, Roma e Milano, a New York, Miami, Tokyo e presto a Ibiza. Figlio di un’arte e di una tradizione che ha saputo rendere contemporanea, aprirà a Torino tra via Buozzi e via XX Settembre proprio fra qualche giorno. Come vediamo la pandemia da coronavirus Covid – 19 non ha fermato il nosto..
In bocca al lupo a Gino e anche alla bravissima collega Francesca .. complimenti anche per le foto…
Gino ha rilasciato qualche giorno fa un’intervista a Repubblica
Perché la scelta di aprire proprio adesso a Torino?
«Avevamo già deciso questa apertura tempo fa, ma la pandemia ha rallentato tutto. Torino è una città dinamica e operativa, ma anche un luogo molto attento al gusto e alle eccellenze del territorio che ne definiscono cultura e identità».
Che caratteristiche ha il suo impasto?
«È preparato con farina ricca di fibre, crusca, sali minerali, vitamina E e vitmina B, ha una lievitazione di oltre 24 ore, è privo di grassi e viene stagliato a mano dividendolo nei classici panetti. Il pomodoro è di origine italiana, l’olio extravergine di oliva e il fiordilatte lavorato a mano è tagliato al coltello tutti i giorni».
E la cottura?
«Utilizziamo forni a legna costruiti con speciali mattoni di Sorrento in cui bruciamo, oltre a tronchetti ecologici certificati, anche legna di faggio controllata e pulita».
Che importanza hanno gli ingredienti sulle sue pizze?
«Sono fondamentali. Ecco perché la selezione delle materie prime è attenta: lo testimoniano la mozzarella di bufala Dop, il Parmigiano Reggiano 36 mesi, il Conciato romano, ma anche la salsiccia rossa di Castelpoto, le alici di Cetara, la ‘Nduja di Spilinga o la mortadella Bologna Igp».
Come è cambiata negli anni la sua pizza?
«Si è trasformata nell’evoluzione della pizza a libretto, ma è rimasta una pizza che si caratterizza per un impasto con le giuste ore di lievitazione e mai estremo. È una pizza facilmente riconoscibile, essenziale, in cui si percepiscono bene la pasta, l’olio, la mozzarella, il pomodoro. Una pizza semplice, popolare, ma evoluta, che vuole raccontare le materie prime di cui la Campania è ricca. È generosa, irregolare e straborda dal piatto, proprio come quella storica di via dei Tribunali a Napoli».
Proviene da una famiglia di pizzaioli: che ricordi ha della sua infanzia?
«Uno dei miei ricordi più cari è quello legato a zia Esterina, sorella di venti pizzaioli tra cui mio padre, che a San Gregorio Armeno preparava la pizza fritta, considerata da sempre un prodotto più femminile perché non doveva essere cotta con l’uso della pala nei forni a legna. Da piccolo la osservavo, la aiutavo e a lei ho dedicato alcuni locali che portano il suo nome e che servono questo cibo di strada preparato con ricotta di bufala, ciccioli di maiale, pomodoro, pepe nero, salame Napoli e provola».
La inserirà a Torino?
«Non lo so ancora».
Com’è composto il menù?
«Gioca sul numero sette che ricorda i giorni della settimana e sette saranno le pizze, gli antipasti, ma anche i primi, le insalate e i dolci. C’è poi una particolarità: la pasta di Gragnano che serviremo anche a Torino potrà essere condita, come negli altri locali, con gli stessi ingredienti delle diverse pizze in carta».
Source: Positanonews
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