Atrani tre condanne per la morte dello chef Carmine Abate, ma giustizia è stata fatta? Ricordo come se fosse ieri quel giorno quando ho riportato la notizia. Quell’uomo era uno di noi, un lavoratore che ha fatto di tutto per giungere sul luogo di lavoro, superò anche una frana passando per Ravello dalla sua Tramonti. Il nostro un territorio a rischio idro geologico , ma si fa troppo poco per la prevenzione , la Costiera amalfitana è fragile e lo vediamo tutti i giorni e nessuno vuole prendersi le sue responsabilità. Ricordo che ci furono molte discussioni anche sui confini, era Amalfi ? Era Atrani? Chi parlava dei lavori per Luna Rossa, chi faceva riferimento all’autorità di Bacino e alla mappa del rischio. Ogni giorno noi percorriamo la S.S. 163 di proprietà dell’ ANAS, solo ora uscita fuori dal processo, in condizioni pericolose, anche oggi per il vento. Parlo di responsabilità morali e istituzionali, da questo punto di vista non sappiamo se sia stata fatta davvero giustizia.
Sono passati oltre nove anni e alla fine sono giunte tre l condanne per la morte di Carmine Abate ucciso da una frana mentre lavorava nel ristorante «Zaccaria» ad Atrani a gennaio 2010, condanne che probabilmente verranno appellate.
Il giudice monocratico Roberta Troisi del Tribunale di Salerno ha condannato ad un anno e mezzo Andrea Barbaro (difeso dagli avvocati Carmine Giovine e Gianfranco Ricci), proprietario del costone roccioso interessato al cedimento, e ad un anno ciascuno gli amministratori del ristorante, Zaccaria Pinto ed Annamaria Staiano (difesi dall’avvocatessa Truscelli). A tutti e tre sono state concesse le attenuanti generiche con la sospensione della pena e per Pinto e Staiano in regime di prevalenza sull’aggravante contestata. Le accuse sono di crollo ed omicidio colposo. I tre sono stati condannati in solido al risarcimento dei danni alle parti civili costituite da liquidarsi in separata sede stabilendo, però, come provvisionale una somma complessiva di 250mila euro ai familiari del cuoco deceduto (Lidia Rispoli, Maria ed Alessandro Abate, Maria Amato e Sara Abate rappresentati dagli avvocati Felice Lentini e Carlo Di Ruocco).
Sono stati assolti, con formula piena per non aver commesso il fatto, i sette professionisti che erano finiti sotto processo e cioè Domenico Guida (difeso dall’avvocatessa Francesca Vista), direttore dei lavori per l’Autorità di bacino Destra Sele; Gerardo Lombardi, responsabile del procedimento e relatore per le frane nel gruppo di supporto dell’Autorità di bacino (difeso dall’avvocato Agostino De Caro); Giovanni Polloni, geologo abilitato dalla società Aquater a sottoscrivere il piano di stralcio per l’assetto idrogeologico (difeso dall’avvocato Silverio Sica e Federico Scaglia); l’ingegnere Giovanni Trassari per il coordinamento tecnico di progetto e rischio; Lorenzo Rocchetti, responsabile del progetto per Aquater frane (difeso dall’avvocato Federico Scaglia); Crescenzo Minotta (difeso dall’avvocato Agostino De Caro), geologo in sevizio al Destra Sele e il funzionario Anas Nicola Nocera (difeso dall’avvocato Sabato Romano), funzionario Anas. Il giudice ha comunque disposto la trasmissione degli atti al pm relativamente alle posizioni di altri due funzionari dell’Anas che non erano finiti nell’inchiesta: ora sarà il magistrato a valutare se aprire o meno un procedimento a loro carico.
Intanto ci rimane ancora quella assurda sensazione che ci colpì quel giorno, lo sgomento del cittadino, nel vedere che un uomo, un padre di famiglia, un lavoratore, per recarsi nel luogo di lavora doveva andare a trovare la morte. Ci viene in mente Francesca Mansi in qualche modo e il padre, quando parlava di morte per “incuria” umana. Incuria che, purtroppo, in generale, continua sul territorio.
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