Riportiamo il post pubblicato dal giornalista amalfitano Sigismondo Nastri sulla sua pagina Facebook: «La pandemia di coronavirus ci ha tolto il piacere delle feste comandate: oggi, ad esempio, lo scambio del messa in tv, anche se celebrata dal papa. Perché il televisore non ti fa partecipe di quello che avviene oltre lo schermo, te ne rende soltanto fruitore. Ti sottrae l’emozione, la commozione dell’incontro col Cristo redentore, del quale si rinnova di volta in volta, sull’altare, il mistero che è fondamento della nostra fede: la morte sulla croce, la resurrezione.
È la prima volta, credo, da quando sono nato, che m’è mancato a casa il simbolo di questa domenica: il ramoscello d’olivo, quello vero. Ed ho invidiato al papa e ai cardinali che erano nella basilica di san Pietro le lunghe palme intrecciate, come quelle che venivano realizzate a Conca dei Marini e a Praiano, per essere vendute ad Amalfi – ai miei tempi – sui banconi dei pescivendoli (il ricordo va inevitabilmente a Masaniello e a Paolillo, sotto la Sciulia). Palme lunghe, elaborate, ma anche piccole, a forma di panierini, barchette, croci, addobbate con fiori, coccarde e, naturalmente, rametti d’olivo. Ci mancheranno, nella settimana santa che sta per cominciare, i riti penitenziali più suggestivi: il corteo dei battenti, giovedì, e la processione di Cristo morto, venerdì.
La descrizione che ne faccio qui si riferisce perciò a quello che avrebbe dovuto esserci e che, invece, non ci potrà essere.
I Battenti, ad esempio, veri protagonisti di questo tempo di Passione: vestiti di una lunga tunica bianca, incappucciati, in qualche caso (ad Amalfi) col capo coronato di rovi, cinti alla vita da un nodoso cilicio, che anticamente adoperavano per percuotersi a sangue – così ero abituato a descriverli – escono per le strade al calar delle ombre per la visita ai cosiddetti Sepolcri (a Gesù Sacramentato), e poi all’alba di venerdì per la Via Crucis. Poi, la stessa sera, costituiscono l’elemento coreografico più significativo, e più coinvolgente, della processione di Gesù morto, che si svolge, quasi in contemporanea, nei paesi della Costa, con modalità solo apparentemente uguali, ma, in effetti, diverse nelle forme e nei contenuti.
Ogni paese, infatti, è geloso custode dei propri riti, che si sono conservati intatti nel tempo. A Minori, la sera del giovedì santo, e fino all’alba del giorno seguente, i Battenti, incolonnati dietro una grande croce, portata a spalla, sfilano per le vie del centro e quelle delle frazioni illustrando alcuni episodi significativi della vita del Cristo. Durante le soste programmate, si stringono in cerchio e cantano, con suggestivo effetto corale. La sera del venerdì, dopo la dolorosa liturgia della schiodatura di Cristo che avviene in Basilica, prende il via, alla sola luce delle torce, la processione del Cristo morto. Di grande suggestione sono gli antichissimi canti: col tono ‘e vasce il giovedì e col tono ‘e coppe il venerdì. La doppia melodia serviva, in origine, a differenziare le due Arciconfraternite locali: quella del SS. Rosario, posta su in alto a Villamena, e quella del SS. Sacramento, sita in basso, alle spalle della basilica di Santa Trofimena. Oggi esiste solo quest’ultima, ma i due modi di cantare non si sono integrati.
Il culmine della solennità lo si raggiunge con la processione di venerdì santo. A Minori, come a Ravello e ad Amalfi. Si potrebbe dire che c’è quasi sovrapposizione di immagini su scenari diversi: i paesi immersi in un buio profondo, rotto soltanto dalle torce messe ad ardere lungo le vie, dai lampioni tenuti in mano dai Battenti. A Ravello il corteo, partendo dalla cattedrale di san Pantaleone, raggiunge il monastero di santa Chiara, lungo il percorso per Cimbrone. Poi, al ritorno, si spinge fino a piazza Fontana. Ai lati del catafalco sfila uno stuolo di bambini vestiti da angioletti.
Particolarmente ricca di pathos la processione ad Amalfi: quando compare, sulla sommità del Duomo, la bara dorata del Cristo, seguita dalla statua della Madonna in lacrime, la folla dei fedeli è presa da sincera commozione. Il corteo percorre lentamente le vie del centro fino a piazza Municipio. Qui Gesù viene deposto nel sepolcro allestito nella chiesetta di san Nicola dei Greci. Ancora più mesto è il rientro, con la bara vuota, preceduta dalla Addolorata. Struggenti i canti: Sento l’amaro pianto / della dolente Madre / che gira tra le squadre / in cerca del suo ben. E ancora: Sento l’amato Figlio / che dice: Madre, addio, / più fier del dolor mio / il tuo mi passa / mi passa il sen.
A Minori l’ambiente è caratterizzato dal luccichio di migliaia di lumini posti sui terrazzi, sui davanzali, sui muri, in modo da creare un paesaggio da favola. Lo scenario, così, diventa spettrale.
A Maiori si snoda, lungo il corso Reginna, un’affollata Via Crucis.
Sono manifestazioni nelle quali si fondono (e si confondono) religiosità e folclore, devozione e tradizione popolare. Fondamentali per il recupero di quei valori spirituali trasmessi fino a noi di generazione in generazione. E’ significativo, perciò, che ogni anno a vestire il lungo camicione bianco dei Battenti, col cappuccio che lascia scoperti solamente gli occhi, siano non solo anziani, ma anche giovani e ragazzi.””
Sarà una Pasqua, questa che ci apprestiamo a vivere, virtuale: distanziati, separati, mascherato, senza abbracci e neppure strette di mano. Senza poterci scambiare un sorriso. Da zona rossa, insomma.
Maledetto, il covid 19!».
Source: Positanonews
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