Su Report la situazione degli ospedali in Campania. Tra i casi segnalati anche il S. Michele di Pogerola

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Su Report la situazione degli ospedali in Campania. Tra i casi segnalati anche il S. Michele di Pogerola

E’ entrato di diritto tra gli sprechi dello Stato. E tra quelli più evidenti ed assurdi. Parliamo del “San Michele” di Pogerola, il panoramicissimo ospedale della Costa d’Amalfi, realizzato ma mai inaugurato. Qui, nella frazione amalfitana, si dice si sia consumato il più grosso danno economico: oltre alla realizzazione della struttura ci sono state assunzioni anche di primari, che naturalmente in quell’ospedale non ci hanno messo mai piede. A raccontare la vicenda è il portale costodellostato.it nella sezione wikispesa. «Situata sulla parte alta del costone della costiera amalfitana, la struttura risale al 1952, da allora i lavori vennero interrotti più volte fino al 1992 quando fu quasi completata, ma poi mai aperta. Nel 2014 a causa dell’inutilizzo e dell’incuria versa così in stato di degrado. Costo: 12 milioni di euro», si legge. «Negli anni 80 venne costituito l’Ente Ospedaliero San Michele, partirono, in seguito alla concessione di finanziamenti pubblici, i lavori per la sua costruzione e furono avviate anche le procedure per l’espletamento dei concorsi per l’assunzione di personale sanitario, amministrativo e tecnico. Furono, inoltre, bandite gare d’appalto per le forniture dei materiali e delle attrezzature necessarie al funzionamento del nosocomio. Costata circa 12 milioni di euro, la struttura ospedaliera di Pogerola venne portata quasi a termine nel ’92 ma, nonostante fosse dotata di costosissime apparecchiature e nonostante l’assunzione in servizio di personale medico e paramedico per oltre 100 unità, non è mai entrata in funzione». Ancora il caso dei primari: «Nel 2000 si occupò dell’incompiuta la Commissione d’inchiesta del Senato sul sistema sanitario che, nella relazione presentata al Parlamento, inserendo il presidio ospedaliero di Pogerola tra le strutture sanitarie non funzionanti, lo definì testualmente “una sorta di fabbrica di primari perché preso a motivo e pretesto per bandire concorsi di primariati i cui vincitori venivano poi trasferiti altrove. Vennero infatti assunti, con regolare concorso, sotto la gestione (1989-1993) del ministro della sanità Francesco De Lorenzo, otto primari stipendiati regolarmente nonostante la prolungata inattività presso l’ospedale inutilizzato che vennero poi spostati in altri ospedali avviando la propria carriera da primari in un contesto di attività fittizio, da qui la denuncia della commissione». Fino a qualche anno fa, il pian terreno della struttura era utilizzato come deposito del Comune. Al di fuori venne, invece, posta sotto sequestro dai carabinieri della Compagnia di Amalfi, una vera e propria discarica di rifiuti d’ogni genere. Da allora si è tentato di riconvertire e riutilizzare la struttura ma inutilmente. Un danno, triplice se si considera che le strutture sanitarie in Costa d’Amalfi sono una rarità. Quasimodo docet.

AC’è chi lo vedrebbe come un Ostello riproponiamo un articolo uscito sul Corriere del Mezzogiorno inserto del Corriere della Sera, ma oggi più che mai servirebbe per l’emergenza in atto.

L’ospedale mai ultimato di Amalfi, nonostante una storia a dir poco surreale iniziata nel 1952, dopo svariate interrogazioni parlamentari, scandali, inchieste e un danno all’erario stimato in 24 milioni di Euro, può essere ancora molto utile alla collettività e allo sviluppo sostenibile del territorio. Liberandoci per un attimo dall’amarezza per l’incapacità politica e gli ingiustificabili sprechi perpetrati in oltre mezzo secolo di annunci e proclami, cerchiamo di analizzare il nostro terzo «buco nero» sempre come un’opportunità invece che un problema. L’incompiuta si trova al culmine di alcuni tornanti, a 350 metri sul livello del mare, nella parte alta del piccolo borgo montano di Pogerola. Se da un lato l’accessibilità sarebbe stata a dir poco problematica, non solo per le ambulanze (come hanno fatto gli irresponsabili decisori a non pensarci?), dall’altro si gode di un panorama mozzafiato sul golfo di Salerno.

La struttura, seppur vandalizzata, appare solida e dotata di impianti e servizi, incluso un parcheggio di mille metri quadrati, sicuramente inadeguato per una struttura ospedaliera ma preziosissimo per la Costiera amalfitana. Analizzate le caratteristiche dell’edificio realizzato su 5 livelli per complessivi 6 mila metri quadrati la situazione del contesto che vede del tutto assente in Costiera una tipologia di accoglienza low cost dedicata soprattutto ai giovani, perché non pensare alla trasformazione in ostello? Dai nostri calcoli si potrebbero ricavare circa 60 stanze (2,4,6,8 o 12 letti), tutte con vista mare e la maggior parte con ampi balconi, per complessivi 260 posti letto. Al piano terra esiste un’area da destinare alle Associazioni locali (350 mq) e per una sala polivalente (200 mq), con ampi servizi (300 mq) e porticato (100 mq). All’ultimo piano troviamo invece un volume tecnico e uno spazio all’aperto che sembrano fatti apposta per creare un ristorante panoramico (450 mq) e una spettacolare terrazza (350 mq).

Come realizzare materialmente il progetto, con quali fondi e in che tempi? Basterebbe promuovere un project financing (simile a quello realizzato dal comune di Amalfi per l’hotel Cappuccini) offrendo ai privati 30 anni di gestione in cambio della riconversione del bene (valore presunto delle opere 5 milioni di euro) e un canone di affitto simbolico annuale di 100 mila euro da corrispondere all’Asl o direttamente alla Regione. Richiedendo nel bando. Grazie alla sensibilità e al coordinamento tra il commissario dell’Asl Bortoletti e il governatore Caldoro, che ha annunciato anche sul Corriere del Mezzogiorno, un piano di dismissione addirittura per le strutture sanitarie attive, in sei mesi un illuminato investitore potrebbe redigere il progetto, ottenere il cambio di destinazione d’uso e, dopo un anno di lavori, inaugurare l’ostello entro l’estate 2014. Con una gestione appropriata si possono attrarre 50 mila ospiti a stagione e consentire il rientro dei capitali investiti in meno di 8 anni. Oltre ad assumere decine di lavoratori locali si creerebbe un polo ricettivo unico per la Costiera, dalla marcata connotazione sociale, in grado di incentivare sia il turismo che l’integrazione tra residenti e viaggiatori internazionali. Per la prima volta, forse, nell’interminabile storia dell’ex ospedale e della sanità campana, a costo zero per la collettività.

Fonte: Corriere del Mezzogiorno

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By | 2020-04-06T22:51:07+00:00 aprile 6th, 2020|Senza categoria|0 Comments

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