Così la popolazione annuncia la festa di San Biagio il 3 febbraio “Santu Biaso ‘o sole p’ ‘e case”. legando la festa al procedere delle stagioni. Santo molto riverito ed apprezzato da un capo all’altro della Penisola Sorrentina Amalfitana, ovunque liturgia solenne per Biagio Vescovo taumaturgo, da Sant’Agnello ad Amalfi a Sorrento. Della vita del Santo si conosce poco, Vescovo di Sebaste attuale Sivasli in Turchia, fu decapitato per non aver abiurato la sua fede cristiana, il miracolo attribuitogli è quello di aver cavato dalla gola qualcosa che soffocava. O sali o scendi. E’ un santo armeno riverito sia dagli ortodossi che dai cattolici, come Sergio , come Andrea. La diffusione del suo culto è straordinaria non solo in penisola ma in tutta Italia ed Europa e America. Nella sua iconografia viene sempre rappresentato con il cardo, attrezzo a spazzola usato per cardare la lana.
Ma come è arrivato qui da noi? curiosi come sempre cerchiamo di dare una risposta non semplice, ma articolata in più punti, aiutandoci con il volume di J. Cernicchiaro e T. Polisciano, San Biagio a Maratea.
1° fattore – l’arrivo dei monaci orientali in occidente, soprattutto in Italia e in particolare nell’Italia meridionale, in fuga dalle persecuzioni prima dei Persiani di Cosroe II, poi degli Islamici, successivamente degli imperatori iconoclasti di Bisanzio di Leone III, Leone V, Michele II e Teofilo, vi fanno conoscere i loro santi;
2° fattore – i contatti fra il monachesimo orientale e il monachesimo benedettino, i Benedettini sensibilizzati ai culti orientali li diffondono in tutta Europa;
3° fattore – il ritorno dei bizantini nell’Italia padana con l’Esarcato di Ravenna e nell’Italia meridionale; venendo in occidente essi vi portano e diffondono i loro culti;
4° fattore – la fondazione da parte di monaci orientali in Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania e Puglia di monasteri e soprattutto di laure, più vicine a noi le laure del Cilento, delle nostre contrade montane e del Mercurion;
5° fattore – il ritorno nelle loro patrie europee di soldati, cavalieri e condottieri dalle Crociate, dalla Palestina portarono nelle chiese dei loro paesi reliquie di santi e martiri noti per le loro virtù taumaturgiche;
6° fattore – le attività mercantili delle Repubbliche Marinare con in testa i Veneziani: i mercanti trattando i loro affari venivano a conoscenza di reliquie di martiri e ne facevano incetta o acquistandole o ricevendole in dono o derubandole. Al ritorno le portavano in patria o per devozione o come trofeo;
7° fattore – le epidemie contro le quali, come ultima speranza e rimedio, i fedeli ricorrevano alla protezione dei Santi e dei Martiri tenendone vivo il culto.
A questi io aggiungo un ottavo fattore, forse il più importante: il desiderio dei numerosi monaci, rifugiatisi nel comprensorio, di salvare le reliquie del loro martire da possibili profanazioni in Oriente e di assicurarsene la protezione da un luogo a loro vicino.
Certamente in uno di questi modi le reliquie di San Biagio sono arrivate e si sono fermate a Maratea. Messe da parte le leggende che possono soddisfare chi va in cerca del fascinoso, ma che non possono soddisfare lo storico, a me sembra che la cosa sia molto più semplice da spiegare se ci si affida al raziocinio e al metodo storico. A questo fine, nel caso che stiamo esaminando, acquista un particolare rilievo l’ottavo fattore. Io ritengo che siano stati gli stessi monaci orientali di origine armena a portarle a Maratea in base ad un preciso calcolato disegno. Il territorio costiero era già popolato da monaci nelle innumerevoli laure, dal Cilento al Mercurion della valle del fiume Lao. Nel nostro più ristretto ambito numerosi sono i luoghi che ospitavano laure: i boschi della valle di Maratea, Massa, Brefaro; nel territorio di Tortora le contrade San Brancato, San Leonardo, San Michele, San Sago, Santi Quaranta, San Nicola, Sant’Elia, San Giacomo; nel territorio di Aieta le contrade San Leonardo, san Vito, San Pietro, Santo Spirito. L’attribuzione del nome di un santo ad una contrada significa che la contrada fu sede di una laura che aveva scelto quel santo a proprio protettore. Sia dal Cilento sia dalle colline di Tortora sia da Aieta è visibile lo sperone roccioso del Castello di Maratea e viceversa. Per i monaci, che avevano portato dall’Oriente le reliquie di S. Biagio, non vi era luogo più sicuro e migliore dove depositare le reliquie del Santo, da cui egli potesse guardare e proteggere i suoi fedeli e a cui essi a loro volta potessero rivolgere lo sguardo per ottenerne le grazie.
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Source: Positanonews
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