Oggi, 27 gennaio, è la Giornata della Memoria che ricorre appunto per ricordare le vittime dell’immane tragedia senza tempo, quella dell’Olocausto. Sono ormai passati 75 anni da quando le truppe sovietiche liberarono il campo di sterminio di Auschwitz, la più feroce macchina della morte nazista, mettendo fine al genocidio degli ebrei e la follia nazista di privare della libertà e sterminare 6 milioni di uomini solo perché ritenuti inferiori.
Un altro motivo di tali persecuzioni era la grande capacità economica e produttiva del popolo ebraico. Infatti Hitler e soci ritenevano che gli Ebrei detenevano ingiustamente enormi capitali e ricchezze, per cui bisognava impadronirsene, al fine di sostenere lo Stato nazista.
L’esilio in Costiera Amalfitana
Gli abitanti della Costa d’Amalfi diedero un loro modesto contributo per la salvezza degli Ebrei. Nel corso degli anni ’30 a Positano risiedettero alcuni uomini di cultura ebrei profughi dei totalitarismi del Novecento, dalla Germania nazista e dalla Russia comunista. Venticinque di loro furono soltanto di passaggio: tra questi ricordiamo i filosofi Walter Benjamin ed Ernst Bloch, nonché lo scrittore Bertolt Brecht. Sette in particolare vi rimasero sino agli inizi degli anni ’50, protetti dalla popolazione e dalle autorità locali. L’artista Irene Kowaliska istituì una fabbrica di ceramica a Vietri sul Mare, dando luogo alla celebre “scuola tedesca”. La famiglia Andres restò sino al 1949, quando poi preferì soggiornare a Roma, particolarmente attratta dalla Città Eterna. Nel cimitero di Positano riposa un suo membro, deceduto in tenera età per malattia. Il Centro di Cultura e Storia Amalfitana da me presieduto raccolse numerose testimonianze relative alle attività svolte da tali insigni personaggi nella Costa d’Amalfi, esponendole nella mostra “In fuga dalla Storia”, che si svolse ad Amalfi nel 2005. Il nastro di quell’edizione fu tagliato da Dorothee Andres, consorte del celebre scrittore Stefan Andres, autore di molte pubblicazioni. In una di queste, inerente a Positano, egli disegna il paesaggio antropico del centro amalfitano con le sue cupole e volte estradossate svettanti sulle chiese e le case variopinte; tale architettura cammina in una grande avenue di New York, attentamente osservata dai giganteschi grattacieli, che si piegano nel guardarla, esprimendo una profonda meraviglia, forse perché si domandano come un così piccolo presepe abbia potuto tenere al sicuro genti perseguitate, fermando il tempo della Storia in uno spazio angusto ma paradisiaco.
Una sinagoga a Maiori
Le strette e amichevoli relazioni tra Amalfitani ed Ebrei sono altresì provate dall’esistenza di una sinagoga a Maiori con abitazioni inquadrate secondo uno schema architettonico ed edilizio identico alle residenze ebraiche dell’Africa settentrionale medievale. Gli Ebrei introdussero negli orti maioresi prospicienti il litorale la coltivazione della melanzana violacea tonda, che il viaggiatore francese Jean Jacques Bouchard potè gustare nel 1632 a casa del sagrestano della cattedrale di Minori.
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Source: Positanonews
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